Antologia Critica
 

Enzo Di Martino - EVOCAZIONI EMOTIVE OLTRE OGNI DIMESIONE. Alla Scuola Grande San Teodoro è allestita una retrospettiva postuma di Miro Romagna.
Il Gazzettino , Cultura, Venezia 3 luglio 2008

La distanza del tempo, anche se non ancora storico, consente una lettura diversa, un'occhiata più libera dai preconcetti, dell'opera di un artista. Miro Romagna (Venezia 1927-2006) è scomparso da soli due anni a questa ampia mostra che gli viene ora dedicata dalla Scuola Grande San Teodoro consegna alla sua pittura una dimensione storica. Anche perchè egli è stato l'ultimo protagonista di una “scuola” che non esiste più e che, a ben vedere, non ha forse equivalenti in Italia. E' un discorso già fatto altre volte a è evidente che la pittura “petit maistres” veneziana rivela sempre una stupefacente dignità formale che viene forse dall'onnipresente, naturale ed inevitabile confronto con la grande storia dell'arte della città. Vale naturalmente anche per Miro Romagna che, occorre ribadirlo in questa occasione, ha solo sfiorato la cosiddetta Scuola di Burano. I dipinti degli anni Cinquanta sembrano infatti aver assimilato, forse istintivamente la lezione di Cezanne, mentre all'inizio dei Sessanta l'artista sembra avvertire perfino la drammaticità dei conflitti sociali del tempo. Come dimostrano opere quali il tenebroso “Treno” del 1960 o l'inquietante delle “Fabbriche a Porto Marghera” del 1964, dipinto nei quali i toni bruni delle strutture sono ravvivati da improvvise accensioni di fuochi bianchi. Certo, negli anni della maturità Romagna dipinge ripetutamente la città e la sua laguna e, da autodidatta, frequenta l'ambiente dei pittori veneziani del tempo, con una particolare predilezione amicale per Neno Mori. Il suo particolare “gesto pittorico”, tuttavia, così rapido e sicuro, estremamente caratterizzato, lo porta a realizzare numerose nature morte e molti ritratti ed autoritratti. Affermando una personalità che, anche sul terreno puramente immaginativo, non vuole essere sole e semplicemente un “tardo vedutista”. E non è per caso che nel 2000 dipinge infatti un “Omaggio a Piazzetta”. Naturalmente le sue accese vedute di Venezia e del paesaggio lagunare documentano in modo esemplare la sua concezione di pittura, affidata com'è alle specifiche qualità evocative del colore. Collocandosi all'interno di una lezione storica che sembra però arrivare dall'insegnamento del grande Turner, piuttosto che da quella dei “vedutisti” settecenteschi. Sfidando dunque il contemporaneo, pur con i mezzi della pittura e della tradizione.

Enzo Di Martino
ARTE AL CENTRO SAN VIDAL – Romagna, il sentimento della luce
Il Gazzettino, 10 dicembre 2006

Le mostre postume servono a riflettere sull'opera dell'artista con la distanza del tempo e della storia, a riconoscervi dunque i valori persistenti, a sistemare le qualità formali all'interno di una condizione storico-culturale, in una parola a verificare la “tenuta” di una proposizione immaginativa ormai conclusa.
E' il caso di questa rassegna che il Centro San Vidal dedica a Miro Romagna, da poco scomparso, uno dei più accreditati pittori di tradizione a Venezia del dopoguerra. In grado di dipingere “en plen air” Venezia e la sua laguna, come ha fatto innumerevoli volte, alla ricerca di un sentimento della luce, che, a partire da Turner, ha stregato generazioni di pittori. Ma anche di seguire fulminanti ritratti, come dimostra una piccola ma preziosa pubblicazione a lui dedicata, nei quali Miro Romagna cercava di catturare si potrebbe dire l'anima del personaggio “preso di mira” con il suo particolare gesto pittorico, veloce ed espressivo.
In questa mostra vengono esposti prevalentemente acquerelli, ma anche tre grandi dipinti che da soli riescono a documentare la qualità di pittura di Romagna. Si tratta di una veduta delle Zattere alla Marittima con dei lavori in corso del 1996; una visione del 2005 dello stesso porto, più avanzato verso il bacino, con sullo sfondo la chiesa di San Giorgio; ed infine una Venezia immaginata, sfaldata in una luce turneriana – diffusa ed innaturale, che da sola potrebbe forse rappresentare la concezione della pittura che aveva Miro Romagna. Risultando del tutto evidente che l'artista appare oggi uno dei maggiori protagonisti della tradizione pittorica veneziana, quella che prende l'avvio degli incantati e straordinari cieli tiepoleschi, per intenderci
Evitando di proposito di citare la cosiddetta “Scuola di Burano”, perchè, a parte alcuni grandi personaggi, Miro Romagna ha certamente sopravanzato i limiti immaginativi ed esecutivi di questo pur rispettabile gruppo di pittori di tradizione, nel tentativo di ricollegarsi invece alla grande pittura veneziana. Un piccolo ed intenso autoritratto del 2000, una sorta di personale testamento visivo, chiude significativamente e simbolicamente la mostra. 


Miro Romagna a San Vidal
Il Gazzettino Nordest, 29 novembre 2006

Il Centro d'arte San Vidal dell'Ucai ha deciso di rendere omaggio al pittore veneziano Miro Romagna con una mostra postuma di pittura, grafica e acquerelli. La vernice è in programma venerdì 1. dicembre, alle 18, nella Scoletta San Zaccaria. Esposti una cinquantina di quadri, tra cui tre grandi olii e una quarantina fra tempere e acquerelli. Nell'occasione verrà presentata anche una cartella inedita con tre nuove litografie.


Omaggio a Miro Romagna al Centro d'Arte San Vidal
Il Gazzettino, 26 novembre 2006

VENEZIA - Il Centro d'arte San Vidal dell'Ucai ha deciso di rendere omaggio al famoso pittore veneziano Miro Romagna con una mostra postuma di pittura, grafica e acquerelli. La vernice è in programma venerdì 1. dicembre, alle ore 18, nella Scoletta San Zaccaria. Esposti complessivamente saranno una cinquantina di quadri, tra cui tre grandi olii e una quarantina fra tempere e acquerelli. Nell'occasione verrà presentata anche una cartella inedita con tre nuove litografie. A testimoniare la profonda emozione e la continua ricerca che hanno contraddistinto tutta l'opera di Romagna .


Paolo Rizzi,
Il Personaggio – Alla sua pittura è stata dedicata una tesi di laurea:
“Miro Romagna, cantore della luce veneziana"
Il Gazzettino, 19 luglio 2001

La pittura di Miro Romagna è stata oggetto di una brillante tesi di laurea che ha avuto la sua conclusione a San Sebastiano, alla Facoltà di Lettere, Università di Cà Foscari  - Venezia. La signorina Michela Bon ha svolto un accurato regesto di tutta l’attività del notissimo pittore veneziano, a cominciare dalle prime esposizioni del 1949 ad oggi, soffermandosi in particolare sulla partecipazione alle grandi mostre e sui vari Premi ricevuti e raccogliendo una imponente massa documentaria. In tal modo è stato costituito, in un volume, il corpus di Romagna con un’operazione che ha assunto un fondamento storico assai utile. La tesi, che ha avuto come relatrice Assunta Cuozzo, è stata accolta con favore dalla commissione di laurea. Delicato e raffinato cantore della luce veneziana, Romagna sa trasmettere nelle sue colorate composizioni pittoriche (marine, paesaggi, nature morte) quella tipica atmosfera lagunare fatta di rarefatte trasparenze che riescono a trasmettere emozioni autentiche.


Ancora buona pittura a Conegliano…Romagna Barbaro Dinetto alla Cristallo
Il Gazzettino Cultura, 8 dicembre 1987

Conegliano sta per avviare (finalmente) un ciclo organico di attività artistica pubblica, nella sede rinnovata di Palazzo Sarcinelli. Nell’attesa ecco che il “Cristallo” presenta tre artisti di vaglia: Saverio Barbaro, Lino Dinetto, Miro Romagna. E’ una mostra che anch’essa prelude ad un nuovo ciclo.

Si tratta di tre maestri veneti della generazione sessantenne, che si presentano con opere recenti. Barbaro è reduce da una serie incredibile di mostre di successo: porta il calore e l’intensità emotiva del suo mondo africano, intriso di colori e di passione. Dinetto resta quel pittore raffinato, di fondo neo-gotico, con un gusto squisito sia nelle tipiche figure femminili sia negli originalissimi paesaggi. Romagna è il maggior continuatore di una tradizione di tocco cromatico veneziano, con quella scioltezza vibrante nella resa di una realtà dolce e sognata.

Enzo Di Martino, Un omaggio di Venezia all’arte di Romagna
Il Gazzettino, 12 ottobre 1987

Appare una sorta di mostra omaggio quella che il centro d’arte San Vidal dedica in questi giorni a Miro Romagna (Venezia 1927) in occasione dei suoi 60 anni. Vi sono esposti una quarantina di dipinti recenti dell’artista veneziano che confermano la qualità della sua visione immaginativa le cui radici affondano profondamente sul grande terreno di riferimento costituito da Venezia e dalla sua laguna.

Alcune dense natura morte ed un paio di tele di ispirazione religiosa, completano il panorama dell’attuale ricerca di Miro Romagna del quale impressionano, in questa occasione, certe “nuove” Venezie sfaldate nella luce di una nuova pittura fresca e soffusa ad un tempo data quasi di getto, d’istinto. Una mostra omaggio ma anche di verifica della tenuta formale di una spiccata “maniera” veneziana di intendere l’immagine e la pittura, di cui Romagna è un rappresentante tra i più significativi, nel solco di una grande tradizione che pare non avere ancora esaurito il ruolo della cultura figurativa di questa città.

L.Facchinelli, Miro Romagna e Zoran Music
“La Nuova”, Venezia 30 settembre 1987

Certe nature morte di Miro Romagna sono così belle, la loro pennellata così vivace, piena ed espressiva da indurre in noi un’emozione immediata e profonda. E’ un linguaggio animato dal colore quello del pittore veneziano; le presenze emergono dalla trasparenza dell’aria, e prendono corpo per la sapiente rapidità dei tocchi sfarfallanti, d’una materia ora quasi liquida, ora più densa, ma sempre luminosa e fremente. La pittura si snoda gioiosa, senza incertezze, senza zone opache, e l’intima soddisfazione dell’artista, si trasmette per puro impulso effettivo, anche all’osservatore più svagato, scuotendolo dall’indifferenza.
Se abbiamo ricordato anzitutto le nature morte, di fronte alla varietà delle tematiche affrontate (si veda la mostra in corso alla San Vidal) è perché in quelle tele ci par di scorgere il punto focale della personalità di Romagna, ove le doti tecniche esaltano le potenzialità insite del far pittura e la fragranza, la felicità della pennellata, rivelano il profilo psicologico dell’autore.
Poi ci sono dei passaggi, aerei, trasparenti, Le vedute en plein air, pur immediate, coloristicamente briose, sembrano tendere verso la levità. Le case, gli alberi, le colline, si chiudono in un respiro che a poco a poco ne disintegra le forme; certi scorci veneziani, eseguiti quest’anno, sono velati da una chiara foschia azzurra, dalla quale affiorano solo esili tracce rettilinee e fasci di luce taglienti come lame. Mentre gli interni custodiscono solide paste succose raggrumate sui frutti, sulle porcellane, l’atmosfera esterna è rarefatta, scivola sulle immagini smaterializzandole fino ai confini dell’astrazione. Il quadro più bello è un’ampia coreografia di rami d’albero e cespugli intessuta di lance, vapori e lapilli sul fondale luminoso.
La stessa leggerezza della materia scorgiamo nelle scene con figure, spesso d’ispirazione sacra. Ma c’è una tensione emotiva, in quei racconti, che opera da forza catalizzatrice delle pennellate lampeggianti. L’andatura nervosa, elettrizzata, contraddice la serenità delle tinte.

Dunque la pittura di Romagna non è statica nè avulsa dal trascorrere degli eventi. Non germoglia da una riflessione appartata, ma prorompe da una cordiale ottimistica visone della vita.

Paolo Rizzi, Due belle mostre, Buso a Cà Pesaro e Romagna a San Vidal
Il Gazzettino, Venezia 18 settembre 1983

La retrospettiva di un grande disegnatore opitergino e la personale di un continuatore della tradizione lagunare.
Le grandi mostre oscurano spesso le piccole, o comunque le minori. Ma ce ne sono, in questo periodo, alcune di veramente buone. Ne citiamo stavolta due, di artisti veneti: la retrospettiva di Armando Buso al museo di Cà Pesaro e la personale di Miro Romagna al Centro San Vidal.
…Miro Romagna ha tutt’altro temperamento. E’ un veneziano puro sangue, con addosso la golosità del colore cinquecentesco ed il gusto della pittura di tocco, rapida, sfuggente, illuministica. Nell’ex chiesa di San Vidal, sotto gli occhi di Carpaccio, espone vedute, nature morte, ritratti.
La sua “linea” è quella che – per fare un raffronto – va da Tintoretto a Neno Mori, passando soprattutto per certi settecentisti nervosi come Giannantonio Guardi. Quindi freschezza di pennellata, scioltezza di segno, guizzi rapidissimi, fugace esistenzialità fenomenica.

L’inquadratura è tradizionale, specie nelle vedute lagunari; l’interpretazione del tema è del tipo impressionistico. Ma il polso regge e la luce-colore ha abbagli azzeccati, che colgono l’ariosità dell’atmosfera e la felicità dell’impatto col dato naturale. Buoni anche i quadri di maggiori dimensioni come quello della spiaggia con i nudini. Certo, non bisogna fare confronti con i grandi del passato. Romagna è in una “linea” ben precisa: la segue con eccellenti risultati. Il resto è storia.

Miro Romagna personale alla San Vidal
“Galleria Veneta”, Venezia, 6 settembre 1976

Guido Perocco
“Miro Romagna ha saputo valorizzare il dono della “bella pittura” che spontaneamente gli esce dalle mani. I paesaggi, gli interni, le nature morte, le composizioni di figura-paesaggio, presentati in questa mostra hanno un unico grande motivo: l’espressione dell’animo è tradotta in una pittura spontanea come un canto, ricca, compiaciuta della sua esuberanza giovanile”.

Carlo Dalla Zorza
“Nei quadri che hai preparato per la San Vidal, e dove sono evidenti le tue ottime qualità pittoriche, bisogna anche riconoscere una intelligente ricerca di soggetti nuovi e tuoi. Queste ultime opere in special modo, oltre che una grata sorpresa sono state per me occasione per riconfermare il giudizio del tutto positivo che cordialmente ti esprimo da amico e collega”.

Paolo Rizzi
“Romagna significa abbaglio di luce, vitalità esplosiva del colore, flusso vitale, spontanea felicità del dipingere. Pochi come lui rivelano una tal disinvoltura nella resa pittorica, ma pochi come lui sanno anche orchestrare un tessuto cromatico dandogli il profumo e l’atmosfera delle cose vere, toccate e gustate con voluttà”


Paolo Rizzi, Mostre d’arte: gli amici di Romagna
Il Gazzettino, Venezia 14 dicembre 1972

E’ forse la mostra più coraggiosa della stagione. Alla Galleria Sant’Angelo Miro Romagna presenta i suoi “amici”: i ritratti cioè di una ventina di persone, tra cui alcuni artisti ben noti. Con le tecniche de riporto fotografico oggi di moda e con la stessa diffusa assunzione di linguaggi più o meno iperealistico, fare un ritratto alla maniera pittorica parrebbe un anacronismo. Per Romagna diventa invece una sfida. Troppo comodo usare la fotografia o il ricalco: vediamo cosa sa fare un pittore-pittore! Che la sfida sia riuscita o meno ognuno può giudicare.
Comunque, alcune considerazioni possono essere fatte tranquillamente. La prima è di ordine generale: il mezzo meccanico, sia pure elaborato con artifizi vari, non potrà mai dare pienamente l’essenza psicologica del ritratto. Nel caso particolare, Romagna ha cercato di adattare non soltanto il suo animus, ma il suo stesso polso, cioè la tensione fisica, alle peculiarità del ritrattando, alla maniera dei grandi artisti del passato. In parte, occorre aggiungere, c’è riuscito: lo si vede dal ductus stesso della pennellata, che ora è frenetica, eccitata, ora invece indugia e quasi si coagula nello sforzo della resa. Romagna appartiene alla schiera degli schermitori della pittura (da Frans Hals a Boldini) ed è quindi portato alla stoccata virtuosistica, al puro effetto pittorico. Questo è un pregio ma anche un limite. Non sempre infatti egli sa frenare la sua esuberanza: e se l’istinto lo porta talvolta ad azzeccare di prim’acchito l’opera (vedi il ritratto di Domestici), altre volte la bravura gli fa passare il segno. Ma anche in taluni quadri più mediati e fusi (tra cui quelli assai belli, di Tombolani e Nei Pasinetti) il tocco rapido e guizzante giunge ad esiti notevoli sia sotto il profilo psicologico che sotto quello, propriamente pittorico.

Si riconosce insomma in Romagna il pittore “di razza”, che lavora spavaldamente allo scoperto, mettendo sul tavolo tutte le carte. E oggi, in un tempo in cui gli operatori paiono nascondersi dietro i triangolini e i quadratini di un’impotenza espressiva, l’esempio di questa mostra può essere uno choc salutare.

Murer e Romagna: due artisti in mostre di vero prestigio
Il Gazzettino, Venezia 26 marzo 1970

La vita artistica cittadina riserva, agli appassionati, due mostre di prestigio, in questo periodo: espongono lo scultore Murer alla galleria “La Cornice” ed il pittore veneziano Miro Romagna alla “Campdel”.
C’è dunque occasione per osservare due esponenti dell’arte contemporanea, la cui forma ed il cui valore artistico superano abbondantemente i confini tradizionali.
Il pittore Romagna, convinto assertore della scuola veneziana contemporanea, già ammiratore dello scomparso Neno Mori, con questa personale ha ribadito l’ottimo livello estetico della propria espressione. Ha subito una leggera trasformazione, passando da un inizio impressionista ad un piacevole e comprensibile astrattismo, che infonde alle sue tele un’atmosfera poetica tra le più riuscite. Venezia e le sue isole, barche e vele, quartieri e calli lagunari: questo il mondo preferito da Romagna, che ha il primo pregio di rendere i quadri particolarmente illuminati. C’è sempre una fonte di luce, posta sapientemente, ad impressionare con azzeccate tonalità il caleidoscopio di immagini che sembrano trasparire attraverso le velature delle nebbie e dei sudori veneziani, che costantemente imbevono la città. Ecco perché ambienti eventualmente melanconici possono indurre ad uno stimolo di soddisfazione, in virtù appunto di qualche raggio di sole che sbuca da una nuvola, che trafora i contorni della casa, che strugge l’orizzonte della laguna.
C’è colore vivace e nitidezza di tonalità. C’è sapiente costruzione di un mondo sfruttato da tutti (Venezia per l’appunto) e personalizzato da una tavolozza che non lascia nulla al caso.
Ed anche quando la sua ispirazione si compenetra in soggetti di terraferma, non per questo Romagna è meno apprezzabile. Nella mostra si possono infatti gustare alcuni scorci invernali e paesaggi di montagna che possono essere appaiati ai lavori meglio riusciti della personale. Quasi volesse dire: se c’è talento non c’è soggetto che incuta timori. Così come è per l’appunto avvenuto anche negli studi di figura ed in qualche natura morta.


Paolo Rizzi, Romagna Pacchietto Perolari e Viola alla Bevilacqua La Masa
Il Gazzettino, Venezia, 9 maggio 1967

Un buon turno alla Bevilacqua La Masa. Le mostre di centro sono quelle di Romagna e Pacchietto, due artisti ancora giovani ed entrambi notissimi al pubblico veneziano. Diciamo subito che quella di Romagna è forse la sua migliore, anche se certi pezzi indulgono un po’ troppo all’effetto prestigioso: nel senso dell’accattivante ma un po’ epidermica maestria di tocco. Romagna d’altronde, può permettersi anche il lusso di solleticare il gusto del pubblico, tanto padrone è della tecnica, tanto abile e raffinata si presenta la sua pittura. E’ un artista tutto d’istinto, impressionista alla De Pisis – se si puo’ fare un tal paragone – ma portato alle vampe di colore acceso più che al luminismo di tocco: ed è il colore che assume una carica di sensualistico turgore, anche laddove esso è portato addirittura al monocromo, cioè alle gradazioni attente di tono. Sotto il ductus impetuoso della pennellata, la materia si agita e si apre in una esplosione fantastica, come nei girasoli che assumono quasi una funzione simbolica, di vitalistico empito; o anche in certi paesaggi così immediati e fragranti nella subitanea loro apparizione. Si dirà appunto che questi dipinti si risolvono tutti in se stessi, cioè sono pittura pura, senza allusioni e risonanze profonde: il che è vero. Ma il senso di panica felicità che da essi si sprigiona e talmente cattivante da impedirci di sottrarci ad una seduzione così immediata degli occhi.


Mostra personale alla galleria Ghelfi,
Il Colore di Miro Romagna dall’artico al sole del sud,

Il Gazzettino, Verona, 6 luglio 1964

Benchè ancora giovane il veneziano Miro Romagna, potrebbe già legittimamente affermare d’avere, alle sue spalle, una lunga attività artistica, concretatasi nella produzione di migliaia di quadri (per un certo periodo uno al giorno o quasi); quadri che hanno ottenuto molto spesso, come vedremo più avanti, affermazioni veramente di rilievo. Abbiamo scritto “potrebbe affermare” perché Romagna è estremamente modesto e, quindi, assai poco incline a parlare di se pur avendo cose interessanti da raccontare, non solo sullo specifico argomento “pittura” ma anche nella voce “viaggi” (tenuto conto, a quest’ultimo riguardo, ch’egli ha viaggiato per dipingere).
Volgendo Verso il nord Europa la propria attenzione di artista Miro Romagna si è spinto, quattro anni fa, a poco più di cento chilometri dal Circolo Polare Artico. Nell’alta Svezia il freddo acutissimo non gli ha nè raffreddato l’ispirazione, né congelato le mani; sicchè ha potuto produrre almeno una trentina di quadri, in parte interpretanti uno spettacolare lago scandinavo, in parte riproducendo angoli di Stoccolma. L’artista ha qui arricchito le sue eccezionali esperienze coloristiche studiando le lunghissime albe nordiche, i cieli tersi, le “macchie” delle foreste, i bagliori degli stupefacenti tramonti.
“Curioso il fatto – ci ha raccontato –che, al mio ritorno a Venezia ho venduto quasi tutti questi quadri, con i quali avevo allestito una mostra, proprio a turisti…scandinavi”. Romagna evidentemente sicuro delle proprie possibilità coloristiche ovunque riconosciute, ha poi voluto immergersi in un’atmosfera assai diversa da quella scandinava. Si è recato in Spagna, è da crederlo, i suoi rossi debbono avere più che mai trionfato; e si è recato a dipingere anche in Francia mentre, in Italia, è passato dalle alte quote alpine alle pianure padovane, dagli Appennini alle spiagge della Calabria.
Miro Romagna è riuscito anche a fondere la passione per la pittura (una ragione di vita) con quella, più occasionale dello sport. E, talvolta, queste due attività, l’una squisitamente spirituale, l’atra prettamente fisica, si sono fuse; ciò e avvenuto a Saint Moritz allorchè Romagna, nell’effettuare un “fondo” di sci si è trovato, d’un tratto, d’innanzi ad un paesaggio nevoso che lo ha incantato. Allora ha smesso di sciare, si è munito degli “arnesi” ed ha dipinto. Altre volte ha interrotto esercitazioni di canottaggio, attorno alla laguna, per mettersi naturalmente a dipingere la “Venezia minore”.
Ciò dimostra, oltre tutto, quale dedizione Romagna porti all’arte. Fin da ragazzo egli nutriva tale aspirazione, che in famiglia contrariamente a quanto spesso avviene, trovò comprensione specialmente nel padre al quale egli, ancora fanciullo fece un ritratto che costituì una specie di rivelazione. Successivamente, dopo una breve sosta al Liceo Artistico, (nel corso del quale quei valorosi insegnanti lo incoraggiarono) Romagna fu, per molti anni, allievo di uno dei “grandi” del Veneto, Neno Mori, del quale frequentò assiduamente lo studio in campo Santa Margherita, potendo, così, sviluppare e potenziare, in se, i migliori fermenti artistici su una linea di coerenza, di onestà, di schietta tradizione veneta.
Ben presto Romagna ottenne i primi successi che lo videro, tra l’altro, conseguire nel ’56, uno dei premi Marzotto. Ma la serie dei premi e delle altre affermazioni è stata lunga non solo in Italia, ma anche all’estero; perché dei quadri di Romagna è stata allestita una personale, nel ’57, a Seattle (Stati Uniti); altre trenta opere sono state esposte a New York e a Filadelfia e, inoltre, l’artista ha partecipato ad una collettiva che ha girato tutto il Medio Oriente. Per non parlare delle rassegne allestite a Stoccolma e in altre parti d’Europa.
A Verona Romagna espose, per la prima volta, due anni fa. Fu un successo, che si sta ora ripetendo nella personale allestita alla Galleria Ghelfi e della quale fanno parte luminosi esempi dei suoi famosi paesaggi, alcuni realizzati sul Lago di Garda visto (afferma l’autore) sempre come fenomeno dello spirito e della natura. “La natura – egli dice e dimostra – è la mia grande maestra”.


G.De Carli, Alla Galleria de “Gli Specchi” la personale di Romagna
“L’Adige”, Trento 22 giugno 1962

“Già bene affermato, in patria e fuori, per la partecipazione ad importanti mostre nazionali e internazionali, con lusinghieri riconoscimenti di critica, il pittore veneziano Miro Romagna si presenta a Trento con una selezionata rassegna, che lo qualifica, tosto, per orientamento di gusto e capacità realizzatrice. Paesaggi e nature morte costituiscono il breve, ma intenso itinerario di codesta sua personale. Evidentemente, al presuntuoso valore indicativo delle sconcertanti mediazioni intellettualistiche, o, addirittura, teoretiche, che affliggono tanta produzione, artistica contemporanea, il Romagna ha preferito la guida della propria istintiva sensibilità, aperta ai richiami della natura e, più particolarmente, di quella “natura lagunare”, tanto scopertamente ricca di fantastiche suggestioni visive; e, pur valorizzando la lezione d’un Neno Mori, che quella natura ha saputo così modernamente interpretare, nel solco culturale d’una gloriosa tradizione, il pittore è pervenuto alla proprietà d’un linguaggio, che gli consente di persuasivamente trasmettere le sue personali emozioni.
Un temperamento schiettamente emotivo tradiscono infatti, codesti suoi paesaggi, tramati di pennellate succose, aggredenti con  impetuosi tratti le tele, per tracciarvi perentorie direttrici spaziali, entro cui le macchie e i tocchi determinano contestuali allusioni figurali: ne conseguono effetti di freschissima stenografica registrazione, il cui intrinseco potenziale lirico si scarica sull’osservatore, capace di vibrare all’unisono con l’originaria impressione dell’artista.
Più profonda  e più pregnante s’appalesa, sembraci la sensibilità del pittore, nelle nature morte, ove dal dovizioso magma coloristico degli sfondi, come per magica incidenza della luce, si enucleano le forme, in rivelatrici brillantezze cromatiche.
Colore e luce, imprescindibili componenti della forma, però decantati d’ogni residuo sussidio chiaroscurale, sono per Miro Romagna, i protagonisti di codesti suoi messaggi di un umana partecipazione.
La mostra merita di essere largamente visitata.”


I 75 anni di Diego Valeri
La Notte, 27-28 febbraio 1962

“Diego Valeri ha settantacinque anni. Professore universitario, critico d’arte, e soprattutto poeta venezianissimo, ama intrattenere contatti cordialissimi e proficui con le generazioni più giovani degli artisti. Presidente dell’Opera “Bevilacqua La Masa” eccolo stringere la mano a Miro Romagna, giovane pittore tra i più noti”.


Arti plastiche e figurative
Giornale Radio Rai, 15 novembre 1959 ore 14,15

“…Alla Bergamini in Via San Damiano, il Veneto Miro Romagna, che abbiamo già notato come un buon pittore, di risultati decorativi, in varie mostre nazionali.”

Raffaele De Grada


M.Lepore, Mostre d’arte: Carminati, Garau, Godderis, Guttuso, Nivola, Romagna, Premio San Fedele
“Corriere d’informazione”, Milano 13 novembre 1959

“…Il pittore Miro Romagna ordina alla Galleria Bergamini, in Via San Damiano, la sua personale. Presenta opere ispirategli dai Paesi scandinavi, dove è stato recentemente, e altre da Venezia dove vive. E’ d’un lirismo tendente al fabulistico, con accenni molto raffinati ed eleganti, in una serie di monotipi. Nei dipinti è effusivo e romantico, ma castamente. Ha doti di colore ben calibrato nei toni (tranne qualche raro squillo talora troppo acuto), capacità di creare un’atmosfera, finezza notevole di tessuto pittorico. Qualche riserva si può fare sulla composizione di qualche dipinto non legata a sufficienza e non unitaria nella visione e nello stile. Ma nel complesso il Romagna merita molta attenzione.


Miro Romagna alla Permanente di Milano – IV Premio Marzotto
“Gazzettino Sera”, Venezia 16 novembre1956

“Alla Permanente di Milano si è inaugurato da alcuni giorni il IV Premio Marzotto. La mostra presenta 468 opere di 156 artisti ammessi al Concorso con tre dipinti ciascuno.
Il massimo riconoscimento a questo Concorso è stato dato al pittore Felice Carena, riconoscimento che corona l’attività di cinquant’anni di lavoro dedicato all’arte.
Anche due giovani veneziani hanno ottenuto alcuni ambitissimi premi in questa rassegna: Miro Romagna e Giampaolo Domestici.
Miro Romagna ha iniziato ad esporre qualche anno fa alla Bevilacqua la Masa, ottenendo molti incoraggiamenti alla sua opera,. Mediante una pittura agile, disinvolta, sul carattere post-impressionista, Romagna ha rischiato il facile successo, ma ha saputo col tempo approfondire le qualità della sua pittura con una grafica più sensibile, che sa descrivere con gusto i profili dei palazzi veneziani o alcune inquadrature prospettiche di scorci della città”.

Guido Perocco


Alla Bevilacqua la Masa espongono Giovanni Korompay, Miro Romagna, Ernestina Taffon
“Il Gazzettino Sera”, 16 giugno 1956

“Miro Romagna presenta una serie di paesaggi veneziani improntati alla ricchezza di brio, e di fantasia propri della sua arte. La eccessiva bravura è forse la principale nemica dell’arte di Romagna, ma in questa mostra egli indica in qualche opera come stia compiendo uno sforzo per superare la stessa abilità.
Si osservino alcune vedute di palazzi veneziani in cui la materia cromatica diventa più vibrante, più armonicamente fusa nell’atmostera, mentre il segno grafico compare duttile e morbido nella chiarezza luminosa dei colori.
Questa ci sembra un’indicazione molto impegnativa.
Guigo Perocco


M.P., Gallerie…Romagna alla Barbaroux,
“La Notte”, Milano, 14/15 febbraio 1956

“Luci di cieli e d’acque quasi guidiane si estendono sopra canali e slarghi di laguna nei dipinti del veneziano Miro Romagna: da Barbaroux. L’interno di cortile, nature morte saporose e forti, varie Venezie che ne formano la mostra, sono, ci sembra, lavori degni d’elogio. Un giovane, il Romagna, veramente dotato.


Arti plastiche e figurative
Giornale Radio Rai, 14 febbraio 1956 ore 14,15

…Venezia è all’ordine del giorno in queste settimane nelle Gallerie Milanesi. Un altro veneziano che espone dopo Steffanutti e Diani, di cui abbiamo detto la settimana scorsa, è Miro Romagna, alla Barbaroux in Via Rossari. La Venezia di Romagna è quella di un indigeno: gli angoli più riposti e, specialmente, gli orti e le campagne della laguna. Romagna, che è un giovane pittore dotatissimo, rientra in quel clima cui appartengono alcuni giovani veneziani che hanno risentito l’influenza di Saetti, per esempio Borsato.
Questa sua facilità porta Romagna ad approfondire poco, ad accontentarsi del prestigioso pittoricismo delle chiese già care a De Pisis, dei palazzi dal colore così suggestivo, e anche delle calli buranelle e di quei canali lagunari sui quali si è appuntata per decenni l’attenzione di tutta una scuola di artisti.
La sua opera più raggiunta è invece a mio avviso, una bella natura morta con l’uva che è sì più faticata degli altri quadri, ma pittoricamente più alta.

Raffaele De Grada

Presentazione Di Carlo Dalla Zorza in occasione della
2° Personale alla Bevilacqua La Masa, Venezia, agosto 1954

“Ho sempre pensato che la così detta presentazione per la mostra di un pittore non debba essere una critica, una anticipazione di giudizio. Chi scrive di solito è un provato amico del pittore ed è stato scelto proprio per questo e col preciso compito di riempire dei più efficaci aggettivi laudativi le due tradizionali paginette. Ma il pubblico sa bene tutto ciò, e volendo essere libero nel suo giudizio, di solito salta a piè pari la elaborata prosa. E allora perché s'insiste in queste cose, e perché io stesso, per quanto mi capiti raramente, non so dir di no quando ne sia chiesto da qualche collega? Una ragione c’è e vorrei che chi leggerà queste righe la dovesse intendere nel modo migliore come io la intendo. In questo caso non è il critico che scrive il soffietto elogiativo per l’amico, ma un pittore che dice bene di un altro pittore con l’animo libero da celebralismi culturali e letterari.. Tutta questa chiacchierata ho creduto opportuno farla perché si eviti l’equivoco di credere che in questi tempi di diluvio universale di articoli di giornali e di riviste, di trasmissioni radio e lezioni dalle cattedre e da ogni più strano scanno, mi sia messo anch’io ad aumentare il livello dell’inondazione di parole che sta sommergendo arte ed artisti. (E’ una nuova arca di Noè, non c’è ancora nessuno che sappia costruirla).
Da collega dunque, da pittore, mi sono recato nello studio del pittore Miro Romagna per vedere i quadri che egli ha preparato per la sua personale. Miro Romagna, per quanto abbia fatto le sue prime prove accanto ad un noto ottimo pittore, il Mori, (e continui in un certo modo a sentirne l’influenza) si può considerare un’autodidatta e lo dice chiaramente egli stesso con la sua ansia di ricerca che lo ha portato ad esperienze in varie direzioni, ora attratto dal plein air dei veneziani, ora da certa celebrata pittura francese. Ma con queste sue ultime opere egli da a vedere di essere sulla buona strada per trovare, se non ancora una voce chiaramente sua, un maggior equilibrio tra la sua qualità di istinto impetuoso (che lo porterebbe ad appagarsi della impressione) ed una necessità di approfondimento e di purificazione, senza il quale l’opera d’arte non è compiutamente raggiunta.
Il suo soggetto preferito è il paesaggio. Il paesaggio dove le macchie verdi degli alberi fanno architetture, il paesaggio umile e sereno delle nostre care isole, dei nostri miti colli, circoscritto eppur così vario che i Grandi del passato ci hanno insegnato a conoscere e che ogni giorno offre un aspetto nuovo al nostro amore ed ala nostra fantasia.
Pur rispettoso del soggetto, il Romagna che segue la sana ed onesta maniera di dipingere dal vero, sente il bisogno di sentirsi libero, ed il colore che è il vero protagonista dei suoi quadri, si sfrena con autentica gioia. Ai verdi (certe volte ancora un po’ aspri ma che egli, ne son sicuro, riuscirà a nominare e decantare) agli azzurri e ai neri profondi che erano il tono predominante dei suoi paesaggi, egli ha aggiunto loro i gialli dorati e i rossi, ed alcune sue opere recenti calde, quasi affogate, mi sembrano fra le migliori.
Non ho ancora detto che Miro Romagna è un giovane. Occorre dirlo ? (per conto mio non ho mai creduto che l’opera d’arte sia da giudicare con alla mano l’atto di nascita del suo autore) ma si, ho fatto bene a farlo sapere, non per invocare indulgenza da chi vedrà la sua mostra, ma per aumentare, se possibile, la simpatia per questo artista che sta per affrontare con coraggio e umiltà e con buone armi la sua non facile battaglia.

Carlo Dalla Zorza